Non ci capitava da anni di vivere in sei sotto lo stesso tetto, sette giorni su 7, 24 ore su 24. Pranzare insieme, cenare insieme. Solo la colazione è ad orari alterni, perché c’è chi pigra nel letto e chi sveglia tutti (papà) perché pensa di dover correre al lavoro o è ormai abituato alla luce di campagna che filtra dalle finestre.
Una mamma che scrive per lavoro fa fatica a stare davanti al computer anche per svago e forse per questo il famoso romanzo della vita non lo scriverò mai, così come quella guida turistica di luoghi belli di Toscana che ora sento anche un po’ miei.
Adesso però scrivo perché quella che stiamo vivendo è una situazione eccezionale, la troveremo sui libri di storia e potremo dire ai nostri nipoti (e voi ragazzi ai vostri figli) di avere vissuto.
Viviamo in sei sotto un tetto e in cinque davanti ad uno schermo, perché la tecnologia ci aiuta e ci fa restare connessi con il mondo.
Passare dal soggiorno dove Andrea è in call tra una pigna di cose da stirare è un’esperienza interessante: si parla in inglese, ma ognuno a proprio modo…un forte accento spagnolo, un gutturale olandese, un italiano più musicale.
Immagino non sia facile gestire un’azienda, stabilire dei turni, fare i conti con chi ha paura, rispondere ai clienti e pensare che ora sono chiusi anche loro e quindi ci sarà più tempo per le consegne.
La camera di Lorenzo è come sempre un gran casino (e scusate il francesismo). La tapparella a volte resta abbassata per ore, le piante sul davanzale attendono acqua da giorni, un secchio di cartacce raccolte (in un raptus di ordine e pulizia) devono essere gettate.
Solo lo scrittoio è un’oasi di ordine, così come tra i faldoni…mi chiedo come possa convivere in lui il caos e la precisione, ma forse è bene così. Sei un preciso fantasioso, è ciò che ti rende speciale!
Beatrice vive di digitale e la camera che ora condivide con Camilla è la sua base: connessa dalle 9 alle 18 con una breve pausa pranzo in cui riemerge da lezioni di marketing inbound, comunicazione , strategy. Ho captato dieci minuti di lezione on line, praticamente arabo per una mamma che vivrebbe ancora di vecchi libri, penna e carta.
Eppure mi sono dovuta riconvertire anche io. Come giornalista il mio lavoro non è cambiato così tanto: sono abituata al mio scrittoio di caos creativo, ai miei appunti, alle telefonate, le interviste e poi giù a scrivere il prima possibile per non perdere l’emozione di una storia, un incontro, una notizia (di quelle buone che mi piacciono e che amo leggere sui giornali. Di quelle per cui in famiglia mi prendono in giro: “Mamma questa è una storia delle tue” (a volte non sotto intendono l’aggettivo “insulsa”).
Il lavoro di insegnante invece è cambiato eccome. Mi cimento con audio francesi per spiegare il discorso indiretto che poi invio diligentemente sui gruppi chat di classe, annoto in agenda sul registro elettronico. Per e mail ricevo i compiti da correggere, a volte mi lancio anche con dei video dalla cucina in cui mi sento più la Parodi che un’insegnante di liceo.
Domani proverò anche un collegamento skype, in fondo se Alberto ha potuto fare la sua lezione di pianoforte via skype con il mio computer connesso e appoggiato in modo pericoloso su sei bottiglie d’acqua per inquadrare le sue manine sulla tastiera chi ci ferma più?
Proprio Alberto mi sorprende. E’ autonomo per i suoi dieci anni. Oggi dovevamo costruire insieme un papiro egiziano con la colla vinavyl. Non ce l’ho fatta ancora, ma mi riprometto di farlo. Per il resto si organizza da solo tra i suoi mille quaderni di colori diversi che abbiamo recuperato a scuola, tra i video di saluto che le maestre inviano via wa sulla chat della mamme, tra i compiti assegnati di settimana in settimana.
Il pomeriggio è libero ed è tutto per lui. Sono convinta che ami questa dimensione familiare, il papà sempre a casa, i fratelloni (soprattutto Camilla) che ogni tanto si sconnettono per giocare con lui e rincorrerlo in salotto.
Il balcone è il mio e il suo mondo: lui corre con il monopattino, io ho bisogno di aria. Mi manca il parco, le chiacchierate con le amiche, lo sport, E allora perché non pulire e incerare a fondo il balcone pur di rimanere sei ore all’aperto?
Ora ho il balcone lucido come mai prima d’ora. Ho anche sgarrato ieri, fiondandomi in serra per scegliere qualche piantina nuova…ne avevo bisogno. Ho bisogno di capire che la primavera è arrivata, che la natura fiorisce, che la vita è bella. Nonostante tutto.
Camilla, il mio dolcissimo enigma. Anche tu segui lezioni on line, ma lo fai dalla tua “cuccia” personale: quel metro quadrato del soggiorno dove c’è la poltroncina di Alberto e un tepore strano e ancora misterioso che arriva dal pavimento. Ti mancherà, ne sono sicura, il tuo impegno nel volontariato, i bambini che incontri in ospedale, gli altri volontari con cui hai creato un bel gruppo, la tua amica Sofia con cui parli in video chat naturalmente chiusa in bagno e naturalmente all’ora di cena…
La cena invece è il momento che preferisco. Inizia dal pensare ad un piatto diverso dal solito perché la routine di una giornata in casa si può spezzare con un piatto di risotto primavera che ha sostituito in quattro e quattr’otto un triste minestrone. In fondo basta avere il tempo, una volta ogni tanto, di leggere le istruzioni di preparazione delle verdure del “minestrone leggerezza” per capire che con lo stesso sacchetto si può sfornare un risotto, sicuramente meno leggero, ma molto più invitante.
Alla fine le nostre giornate da reclusi funzionano con lo stesso principio. Possiamo trascorrerle stanche e monotone, secondo gli ingredienti dati, oppure possiamo trasformale in giornate speciali, colorate e inattese. Giornate con il profumo di un balcone fiorito, di una call addolcita da un’incursione a caccia di biscotti in cucina, di una serata trascorsa davanti alla tv a rivedere quella serie che vedevamo quando Alberto non era ancora nato e voi grandoni eravate poco più che adolescenti.
Mentre sferruzzo (non l’avrei mai pensato di riprendere in mano quella sciarpa che avevo iniziato 2 anni fa), vi osservo divertirvi sul divano, ritrovare quella complicità tra fratelli che forse un po’ avevate perduto. E sono felice. Tutto andrà bene
Rosella